“Comunità Appennino” per rompere il tabù “dell’internità”
di Luca Martinelli
Il nuovo libro della Fondazione Appennino ha il merito di rompere un tabù e di stimolare così utile dibattito all’interno delle comunità e non solo nelle cerchie di intellettuali che affollano il panorama delle aree interne italiane. Questo “brand”, che a molti non piace e che tanti non hanno capito, in qualche modo è arrivato a rappresentare un sinonimo di aree spopolate e depresse, anche se il focus della definizione alla base della Strategia nazionale aree interne promossa da Fabrizio Barca era un altro.
Oggi, però, può esser il momento di ribaltare il tavolo, mettere i margini al centro, parafrasando il titolo di un bel testo di Giovanni Carrosio per Donzelli, e dire che l’Italia è bella dentro (il titolo del mio libro per Altreconomia nel 2020): è tempo di superare l’idea di internità come “stigma”, sinonimo di arretratezza, per cogliere appieno la ricchezza del territorio e delle genti appenniniche, mettere in rete le tante pratiche collettive e comunitarie censite e censibii, rivendicare una centralità dell’Appennino (per altro incredibilmente assente nel programma elettorale dei due candidati che a marzo 2024 si sono “contesi” la Regione Abruzzo).
Aver ospitato per una presentazione del testo Augusto Ciuffetti a San Leo, in Alta Valmarecchia (RN), ha permesso di toccare con mano tutto il potenziale di questo libro nell’aiutarci a rafforzare una “comunità d’Appennino” coesa, dal Piemonte alla Calabria, l’unico soggetto politico capace di tornare a rivendicare con forza e determinazione l’esigenza di politiche costruite con i cittadini e per i territori di quelle che – finché non troveremo una nuova definizione efficace – per comodità anche Augusto la sera del 6 marzo ha continuato a chiamare aree interne.