Che fine ha fatto la SNAI? Inghiottita dal PNRR
Continua il dibattito sulle politiche nazionali verso le aree interne. L’intervento di Rossano Pazzagli segue Francesco Monaco.
La SNAI era una politica democratica, paziente, partecipativa e solidaristica nelle intenzioni, tendenzialmente egualitaria, centrata sui servizi alla popolazione (cioè sui diritti), basata sulla lettura del territorio e sul riconoscimento dei Comuni e delle rispettive comunità come soggetti primari della programmazione, estranea alla logica della competizione tra territori e tendente all’obiettivo della solidarietà e della coesione. È inciampata nelle burocrazie ministeriali e nel ruolo non sempre positivo delle Regioni, ha scontato le difficoltà di una partecipazione svuotata e non facile da riattivare, ma aveva posto comunque le basi per una nuova idea di sviluppo locale (endogeno, integrato, sostenibile…) e per contrastare lo spopolamento e la marginalizzazione delle aree rurali e montane.
Neanche il tempo di raccoglierne i frutti e bum: è arrivato il ciclone PNRR che ha spazzato via anni di pratica pianificatoria, di riletture territoriali, di faticosi accordi tra comuni, di protagonismo delle comunità locali. Un ciclone dall’alto, all’insegna del “tanti soldi e subito”, distribuiti secondo la logica dei bandi competitivi che sta seminando disgregazione al posto della coesione, concorrenza al posto della cooperazione. Il PNRR si è presentato come ricco, veloce, tendenzialmente dispari e mirante più al progetto che alla strategia. L’obiettivo contingente della spesa si è sostituito a quello strategico della rigenerazione dei territori, delle vaste campagne e dei numerosi paesi resi marginali da un modello di sviluppo e di organizzazione dei servizi polarizzante, applicato a un Paese come l’Italia che è storicamente e strutturalmente policentrico.
Una intera stagione di sperimentazione – quella dal 2014 al 2020, nella quale si erano cercate nuove relazioni orizzontali tra Comuni, tra istituzioni locali e società, tra saperi esperti e contestuali – è stata vanifica e gettata alle ortiche. In certi casi perfino le Università si erano lodevolmente messe al servizio dei territori, reinterrogandosi sul loro ruolo tra missione globale e incidenza locale, ora anche loro pensano soprattutto ad accaparrarsi fette più ampie possibile della appetibile torta del PNRR, finendo per dimenticarsi di nuovo del territorio.
Dopo essere stata resa lenta e vischiosa dalle burocrazie ministeriali e regionali, la SNAI è stata quindi inghiottita dal PNRR, che ne ha mortificato il metodo e surclassato l’entità. Rispetto alla SNAI, il PNRR con la scusa della velocizzazione della spesa ha perfino impresso alle procedure una torsione antidemocratica. Sarebbero anche da considerare le alterne decisioni dei vari governi e ministri che si sono succeduti nei confronti della Agenzia per la Coesione Territoriale e dei comitati tecnici che hanno seguito l’attuazione del programma SNAI, così come l’intromissione delle Regioni tra i Comuni e lo Stato, come cunei non sempre a favore. In generale si sono sprecati tempo, energie e competenze.
Ha dunque ragione Francesco Monaco a parlare di una politica tornata a “guardare altrove”, lontana dal riconoscimento delle specificità locali e del paziente lavoro di costruzione di strategie locali e di interventi disegnati su misura per i singoli territori;; e aveva ragione a suo tempo Marco Bussone quando definì il bando borghi del PNRR “una lotteria”. Il risultato di una lotteria è casuale, quando va bene, sennò può essere addirittura negativo.
Non è così che si riducono i divari tra i territori, che si attenuano le condizioni di disagio dei paesi e delle campagne dell’Italia interna. La competizione scatenata dai bandi e la fretta di spendere le risorse finanziare all’insegna del “sennò perdiamo i fondi”, come se spendere soldi fosse comunque un bene, porterà (già sta portando) a un aumento delle disparità territoriali, che inevitabilmente si trasformano in disuguaglianze sociali. Crescerà la distanza tra chi è già avanti e chi è rimasto indietro, tra chi è in vista e chi non lo è. Sono tutti buoni a premiare i migliori, mentre la logica dovrebbe essere quella di aiutare chi è indietro. Bisognerebbe cancellare dal vocabolario la parola “eccellenza” che quasi sempre equivale a un allargamento delle differenze: puntare a qualche eccellenza è il contrario della crescita complessiva del sistema (i sistemi locali dei servizi, del territorio, dell’economia, dell’accoglienza, ecc.). Ormai si è presi soprattutto dalla necessità di spendere e di spendere presto, più che dalla elaborazione di una vera e propria strategia di intervento, da un programma calato dall’alto piuttosto che da una pianificazione partecipata dal basso, di fatto smentendo e rendendo così meno credibile l’impegno profuso con la SNAI negli ultimi anni in decine di aree italiane, perdendo anche le competenze accumulate.
Come si può reagire a questa situazione? Ripartendo dal basso e senza soldi, favorendo la partecipazione su strategie e programmi di rigenerazione socio-territoriale definiti a livello di aree omogenee, non tanto grandi, mettendo insieme sindaci, comuni, associazioni locali, ricreando fiducia e rispettando la natura, anteponendo al capitale finanziario il capitale sociale e ambientale di cui sono ancora ricche le aree interne italiane.
Foto copertina di Sammy-Sander da Pixabay