La Strategia Nazionale per le Aree Interne dopo 8 anni
LA STRATEGIA NAZIONALE PER LE AREE INTERNE
Progetto-tesi di tirocinio di Antonio Lombardo
MASTER DI DIRITTO DELL’ENERGIA E DELL’AMBIENTE
UNIVERSITA’ DI TERAMO – FONDAZIONE APPENNINO
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INTRODUZIONE
Il presente elaborato intende offrire una sintesi sul progressivo avanzamento avuto dalla Strategia nazionale per le aree interne (SNAI), dopo circa 8 anni dal suo avvio.
Occorre considerare che l’ultima relazione annuale pubblicata risale al 2020 e che la relazione 2021 sarà presentata nelle prossime sedute del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS). In ogni caso, in seguito alle numerose interlocuzioni avute con gli uffici preposti è stato possibile rappresentare puntualmente l’evoluzione attuale della SNAI.
Senza voler tralasciare in questa sede il ruolo fondamentale di questo strumento nel quadro delle politiche di coesione, l’obiettivo del precedente governo è stato quello di valorizzare e consolidare l’esecuzione della Strategia, eseguendo un opportuno passaggio dalla fase sperimentale, che ne ha caratterizzato la genesi, verso uno stabile e durevole assestamento all’interno delle politiche nazionali di coesione. Siamo certi che anche il nuovo governo, insediatosi da pochi mesi, saprà dare continuità e nuovo slancio a questa Strategia.
CAPITOLO PRIMO
1.1 AREE INTERNE, ULTIMI AGGIORNAMENTI
La Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) è stata impostata in occasione del ciclo di programmazione 2014-2020 allo scopo di offrire una cornice strategica per il sostegno e lo sviluppo di aree non urbane in declino o a rischio demografico, ma il cui presidio attivo di comunità è cruciale per la tenuta complessiva del territorio sotto il profilo idrogeologico, paesaggistico e dell’identità culturale.
Tale politica è stata contemplata per la prima volta nel Programma Nazionale di Riforma (PNR) dell’anno 2014 nella parte relativa agli squilibri e alle riforme nazionali (sez. III, parte II) e definita nell’Accordo di Partenariato 2014 – 2020.
Nel lungo periodo, obiettivo della Strategia nazionale per le Aree interne risulta essere l’inversione del trend demografico, arginando il fenomeno dell’emigrazione, attuando politiche volte ad incrementare le nascite, e, infine, attraendo nuovi residenti. Tale obiettivo è perseguito attraverso due tipologie di azioni complementari: da un lato, quelle relative alla qualità e quantità dei servizi di cittadinanza (quali l’istruzione, la sanità e la mobilità); dall’altro lato, i progetti diretti allo sviluppo locale, in grado di implementare la domanda di lavoro.
La prima classe di azioni viene finanziata attraverso risorse nazionali, la seconda, in massima parte attraverso l’impiego integrato dei fondi europei (FESR, FSE, FEASR, FEAMP), rientranti nei Programmi delle Regioni di riferimento.
In primo luogo, possiamo comunicare l’avvenuta sottoscrizione di tutti i 72 Accordi di Programma Quadro del ciclo 2014-2020. Le 72 aree selezionate nella Strategia Nazionale comprendono 1.060 Comuni, con una popolazione al di sotto dei 2 milioni di abitanti, interessano un territorio di circa 51.000 km2 e rappresentano il 13,4% di tutti i comuni italiani. Ogni area di progetto ha un media di 27.000 abitanti e 15 Comuni. Un quadro di insieme dei principali indicatori socio-economici, che caratterizzano le 72 aree interne, è stato sintetizzato nelle seguenti tabelle.
In queste 72 aree, già caratterizzati da un livello di popolamento abbastanza basso, si è assistito negli ultimi 20 anni ad un ulteriore decremento demografico, con un calo del – 8,57% a fronte di un decremento nazionale del – 0,33%. In alcune regioni, come l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, il Friuli Venezia Giulia, le Marche e la Sardegna, la riduzione di popolazione risulta ancora più accentuata, con registrazione di valori superiori alla suddetta media, mentre in alcune regioni si assiste ad un’inversione dell’andamento demografico, da decrescita a crescita, in particolare in Lombardia e nella Provincia Autonoma di Trento.
Altro aspetto da considerare riguarda le fasce di età sul totale della popolazione residente, dove si conferma predominante e in costante crescita la quota di over 65 e, in contrapposizione, si rileva un calo della popolazione under 14. Assistiamo in generale ad un complessivo processo di invecchiamento.
Il criterio dell’associazionismo è stato assolto da tutte le 72 aree del ciclo 2014-2020.
Come evidenziato dalle precedenti relazioni annuali, le aree che hanno scelto di gestire in forma associata funzioni e servizi hanno adottato modalità differenti e complesse, in base alle caratteristiche e peculiarità territoriali, le dimensioni, le esigenze organizzative nonché le realtà associative esistenti. Questo percorso è stato reso possibile grazie al costante lavoro degli amministratori locali di concerto con le strutture del Dipartimento per le Politiche di Coesione.
Analizzando le varie forme associative, la convenzione tra comuni rappresenta la soluzione più diffusa, scelta da 32 comuni. In altre aree si è optato per forme associative già esistenti, come le comunità montane (3 aree) e unioni di comuni (16 aree). In 17 aree il ricorso alle forme associative esistenti è stato combinato attraverso convenzioni tra unione o comunità montana e comuni esterni alla forma associativa (rispettivamente in 13 e 4 aree). In 6 aree il requisito associativo è stato assolto ricorrendo a convenzione di secondo livello tra unioni di comuni, in un’area mediante convenzione tra unione di comuni e comunità montana.
Contestualmente alle attività di accompagnamento per la definizione del requisito associativo, nell’ambito del progetto Formez PA in accordo con il Dipartimento per le Politiche di Coesione e il coinvolgimento dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, è proseguita l’attività di monitoraggio sulle due dimensioni organizzative chiave costituenti il “sistema intercomunale permanente”, ovvero lo stato di avanzamento dei processi previsti per soddisfare il “requisito” associativo e il modello di organizzazione costruito da parte dei comuni a supporto della governance e della fase di attuazione della strategia d’area. Si tratta di due dimensioni rilevanti perché capaci di restituire evidenze circa il livello di riassetto complessivo in corso, sia sul piano amministrativo/istituzionale che organizzativo. L’attività ha coinvolto ulteriori 21 aree, per complessive 28 (figura 13). La realizzazione del monitoraggio ha previsto per tutte le aree una rilevazione articolata in due fasi: una preventiva analisi documentale (APQ, strategia, convenzioni, etc.) a cui sono seguite interviste in profondità a testimoni privilegiati dell’area interna per approfondire le dimensioni analitiche suddette. Agli incontri hanno preso parte i referenti delle aree, del Dipartimento per le Politiche di Coesione e dell’Agenzia per la Coesione territoriale.
Determinante, inoltre, è stata la conclusione del lavoro sulla Mappa Aree Interne 2020, utile per la programmazione 2021 – 2027, grazie all’eccellente lavoro dell’ISTAT che ha mantenuto fermi gli aspetti di metodo della prima mappatura e ha utilizzato tecniche di calcolo delle distanze più evolute e sofisticate, considerando dati di base sulla presenza dei servizi aggiornati a fine 2019. Al riguardo, considerando il periodo dal 2011 al 2019, la mappatura aggiornata mostra un indebolimento della tenuta dei Poli sui territori. Si è infatti passati da 339 Comuni classificati come Poli e parte di Poli intercomunali nel 2014 ai 241 nel 2020 e da una popolazione totale residente nei Poli e nei Poli intercomunali di circa 24,3 milioni nel 2014 ad una di 22 milioni nel 2020. Si evidenzia, inoltre, la contrazione della popolazione nella fascia intermedia (-5,1%): da circa 8,5 milioni della Mappa 2014 a 8,1 milioni della Mappa 2020 e l’incremento, invece, di poco più di 1 milione della popolazione nelle aree di fascia periferica e ultra-periferica: da circa 4,2 milioni della Mappa 2014 a 5,3 milioni della Mappa 2020.
Complessivamente, il Costo Pubblico monitorato è pari al 24,5% delle Risorse Programmate dagli APQ sottoscritti. L’analisi della distribuzione territoriale di tale variabile evidenzia sostanziali differenze a livello regionale. Infatti, si passa da regioni con una buona quota di risorse monitorate, come la Valle d’Aosta (92,7%), la Toscana (49,9%) e il Molise (41,3%), a regioni in cui le risorse monitorate sono molto inferiori, come il Lazio (12,8%), la Sicilia (4,0%) e la Liguria (1,2%) – tralasciando le due regioni per le quali a dicembre 2021 non risultano progetti monitorati (Calabria e Sardegna).
In linea generale, si sottolinea che nel complesso, l’analisi dei dati restituisce un quadro dell’attuazione della SNAI che può definirsi “in avvio” visto che, allo stato attuale, in alcune Aree, a fronte di progetti inseriti in monitoraggio, non si registrano Impegni e Pagamenti; questa situazione, in particolare, si riscontra in due Regioni, Piemonte e Lazio, e in due Aree interne della Sicilia.
Nelle seguenti tabelle si riportano per Regione e per singola Area interna le evidenze restituite dal monitoraggio al 30 aprile 2022.
1.2 CRITERI PER LE AREE INTERNE, COME SONO VARIATI
In questi mesi, un importante fronte di impegno è stato costituito dal passaggio dalla programmazione 2014-2020 a quella 2021-2027. L’Accordo di partenariato 2021-2027, formalizzato in via definitiva in data 19 luglio 2022, prevede di dare continuità alla Strategia nazionale per le aree interne, quale strategia territoriale di riferimento dell’Obiettivo europeo di Policy Un’Europa più vicina ai cittadini, sulla quale far convergere risorse europee, da veicolare attraverso i Programmi regionali e dirette al finanziamento di interventi di sviluppo e di potenziamento dei servizi. A queste si aggiungono le risorse nazionali dedicate allo scopo, gestite in coordinamento con le Regioni. In particolare, l’Accordo di Partenariato prevede che si continuino a sostenere i presidi di comunità nei territori interni, fondamentali per la tenuta complessiva del sistema Paese, per la produzione di servizi eco-sistemici, la manutenzione attiva del territorio e la salvaguardia delle risorse naturali e culturali.
Sono stati concordati con le Regioni, in modo molto rapido, i nuovi criteri per l’accesso alla SNAI (rif. Delibera CIPESS n. 41/2022 in corso di registrazione).
In primo luogo, si è lavorato per il rafforzamento delle vecchie aree a cui sono state assegnate risorse pari a 300 mila euro per area, per un finanziamento complessivo di 21,6 milioni di euro.
In secondo luogo, è stato istituito un progetto speciale per le Isole Minori, che coinvolge 35 Comuni distribuiti in 7 Regioni, con un finanziamento di 11,4 milioni di euro.
L’Accordo ha confermato i principali aspetti distintivi della Strategia nazionale per le aree interne, introducendo al contempo anche elementi di discontinuità volti a superare alcune criticità rilevate nel processo di definizione ed attuazione delle strategie di area.
In particolare, cercando di riassumere brevemente le linee guida, la definizione delle aree deve avvenire tra quelle in condizione strutturale complessa dovuta alla lontananza dai poli primari in grado di offrire adeguati livelli di servizi essenziali e caratterizzate dalla necessità di contrastarne lo spopolamento. Occorre trovare, altresì, un equilibrio tra il consolidamento delle aree già interessate dalla programmazione 2014-2020 con l’opportunità di elaborare strategie in altre aree interne o a vocazione rurale.
Gli interventi e gli obiettivi verteranno su alcuni principali servizi, come l’istruzione, la salute, la mobilità, azioni per le attività produttive nonché interventi sulla cultura, sul patrimonio e sul turismo sostenibile.
Le Autorità centrali di coordinamento d’intesa con le Regioni e con il partenariato istituzionale territoriale individuano le caratteristiche fondamentali degli strumenti amministrativi e negoziali da adottare ai fini della programmazione e attuazione delle Strategie territoriali. Alcune azioni di supporto verranno eseguite in determinate ipotesi, come ad esempio accompagnare processi deliberativi o compiti tecnico-amministrativi complessi. Infine, viene confermata la governance multilivello (Stato, Regioni e Associazioni di Comuni) della SNAI, con il rinnovato impegno alla semplificazione delle procedure e al rafforzamento delle capacità amministrative e tecniche locali e delle associazioni di Comuni e con il coordinamento strategico del Comitato Tecnico Aree Interne.
Sarà sempre l’Accordo di partenariato a stabilire che, durante la prima formulazione dei programmi si procederà all’individuazione dei territori e coalizioni da sostenere con le Strategie territoriali, fermo restando opportuni aggiustamenti successivi.
Conseguentemente, in conformità a quanto previsto dall’Accordo di partenariato, di cui peraltro è parte integrante, è stata aggiornata la Mappa delle Aree Interne (Mappa AI 2020), con tecniche realizzate dall’ISTAT.
Seguendo l’approccio teorico e i criteri già adottati nella definizione della prima mappatura, l’aggiornamento della Mappa è avvenuto in due distinte fasi.
Una prima con cui sono stati individuati i Comuni con le caratteristiche di “Centri di offerta di servizi” (o Poli), ossia Comuni in grado di offrire simultaneamente determinati servizi essenziali, come ad esempio un’articolata offerta scolastica superiore, un ospedale sede di Dipartimento di Urgenza e Accettazione (DEA) e una stazione ferroviaria di livello minimo Silver.
Sulla base dell’insieme dei Comuni ai confini amministrativi del 2020 sono stati dunque identificati i Centri di offerta di servizi e, successivamente, sono stati classificati i restanti Comuni, sulla base della distanza di ciascuno dal centro di offerta più prossimo in termini di tempi medi di percorrenza stradale effettiva. La classificazione di ciascun Comune non Polo/Polo intercomunale nella Mappa AI 2020 ha mantenuto la distinzione nelle quattro fasce già adottata dalla Mappa AI 2014 (Cintura, Intermedio, Periferico e Ultra-periferico) e ne utilizza il medesimo metodo di identificazione. Infatti, l’osservazione della forma della distribuzione delle distanze calcolata nell’aggiornamento della mappatura ha confermato quanto già individuato nella Mappa AI 2014 e quindi la robustezza dei punti soglia di riferimento.
Operando un confronto tra la Mappa 2014 e la Mappa 2020 possiamo evidenziare alcune differenze. In primo luogo, un indebolimento della tenuta dei Poli sui territori, dovuta alla diminuzione di alcuni servizi e, segnatamente, alla rete sanitaria con i DEA. Si è infatti passati da 339 Comuni classificati come Poli e parte di Poli intercomunali nel 2014 ai 241 nel 2020, ben 98 comuni in meno!
Sono aumentati i Comuni di cintura (+9,1%), che passano da 3.509 a 3.828, sono diminuiti (- 16%) i Comuni intermedi, che passano da 2.288 a 1.928. Da ultimo, un aumento complessivo dei Comuni periferici e ultra-periferici (+7,9%), che passano da 1.767 a 1.906.
Per quanto riguarda la popolazione e la sua distribuzione, possiamo evidenziare una riduzione nella fascia urbana tradizionale da circa 46,5 milioni della Mappa 2014 a 45,8 milioni della Mappa 2020. Al tempo stesso si contrae la popolazione nella fascia intermedia (-5,1%) e si incrementa, invece, di poco più di 1 milione la popolazione nelle aree di fascia periferica e ultra-periferica.
1.3 ISOLE MINORI E INCENDI BOSCHIVI
In ordine al Progetto Speciale “Isole Minori”, il Comitato Tecnico Aree Interne si è espresso favorevolmente per il riconoscimento di tale progetto nell’inquadramento SNAI e per la conseguente assegnazione di una quota di risorse, pari a 11,4 Milioni di euro. La Delibera CIPESS 42/2022 (in corso di formalizzazione) prevede che gli interventi saranno selezionati sulla base di un Documento-quadro di indirizzo che sarà realizzato in raccordo con le singole Regioni interessate, il Dipartimento per le Politiche di Coesione, il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie e l’ANCIM e da approvare in sede di CTAI. Le tipologie di intervento finanziabili, riferite principalmente all’implementazione dei servizi di istruzione e salute e ai servizi eco-sistemici, possono essere ricomprese in progetti trasversali (comuni a tutte le isole minori), progetti per aggregazioni (Isole tra loro assimilabili per caratteristiche geo-morfologiche o associate tramite accordi) e progetti per singola isola.
Infine, Il decreto legge 08/09/2021 n. 120, convertito con modificazioni dalla L. 8/11/2021, n. 155, ha destinato, nell’ambito delle risorse dedicate alla SNAI, 100 milioni di euro al finanziamento di interventi volti a prevenire gli incendi boschivi nelle aree interne del Paese, ripartiti in 20 milioni di euro per l’anno 2021 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
1.4 RISORSE PER LE AREE INTERNE, COME SONO STATE SPESE
L’Accordo di Partenariato 2021-2027 prevede il rafforzamento della Strategia Nazionale Aree Interne non solo con riferimento alle 72 aree dell’esperienza SNAI 2014-2020 consentendo, in limitati casi, la possibilità di rivederne il perimetro ma, soprattutto, esplicitando la possibilità di identificare nuove aree in una logica di lungo periodo che caratterizza la SNAI.
Sono state individuate 43 nuove aree interne ammissibili a cofinanziamento nazionale, nonché di ulteriori 13 aree interne che sono comunque destinate a ricevere un sostegno finanziario nell’ambito dei Programmi regionali europei 2021-2027. Le risorse nazionali ammontano a 4 milioni per ciascuna nuova area interna, per un totale di 172 milioni di euro.
La procedura di identificazione delle nuove aree interne è avvenuta sulla base di quanto definito nell’Accordo di Partenariato 2021-2027. In particolare, il processo prevede che ciascuna Regione/Provincia autonoma interessata invii un dossier di candidatura che espliciti, per ciascuna area candidata, il perimetro geografico rilevante (lista dei Comuni) e illustri le motivazioni per cui la corrispondente coalizione territoriale locale è considerata meritevole di sostegno nell’inquadramento SNAI. Sulla base del dossier di candidatura, il Dipartimento per le Politiche di Coesione conduce un’istruttoria – che prevede anche interlocuzioni dirette con le Amministrazioni proponenti – ai fini di verificare la conformità delle candidature ai principi e criteri previsti.
Pertanto, sulla base delle richieste pervenute dalle Regioni e Province autonome, il Dipartimento per le Politiche di Coesione ha proceduto a verificare la coerenza delle caratteristiche dell’area con i determinati criteri predefiniti: prevalenza nell’area proposta di Comuni periferici e ultraperiferici; esistenza un’identità storico-sociale e/o di un sistema geomorfologico definiti e riconoscibili; difficoltà sul piano demografico, con rischi sistemici di spopolamento; organizzazione dei servizi essenziali; volontà e attitudine delle amministrazioni locali a lavorare insieme e perseguire un obiettivo di associazionismo.
Dal punto di vista meramente procedurale, la formalizzazione di nuove Aree si è sviluppata attraverso le seguenti fasi: 1) candidatura delle aree alla SNAI da parte delle Regioni tramite un dossier; 2) istruttoria del Dipartimento per le Politiche di Coesione e del NUVAP, con la partecipazione dell’Agenzia per la Coesione Territoriale; l’istruttoria ha riguardato sia le nuove Aree proposte (esame requisiti candidabilità SNAI) che la conferma di quelle definite nel ciclo di programmazione 2014-2020, rispetto alle quali sono state analizzate proposte marginali riperimetrazioni; 3) presa d’atto della candidabilità da parte del CTAI che si è espresso anche sul riparto delle risorse nazionali tra le Aree, secondo l’ordine di priorità indicato dalle Regioni e consolidato nell’apposita delibera CIPESS; 4) delibera CIPESS quadro: riparto delle risorse nazionali tra le Aree selezionate per il sostegno nazionale e modalità di governance della SNAI.
Il processo per la selezione delle nuove Aree è ormai alle battute finali. Si è trattato di un importante lavoro di istruttoria, che ha visto il Dipartimento per le Politiche di Coesione lavorare insieme alle Regioni in tempi molto rapidi, analizzando mappe, indicatori e registrando le intenzioni dei territori (rispetto al periodo precedente, la selezione delle aree è avvenuta senza missioni di campo e la relazione con i territori è stata esercitata dalle Regioni). È stato realizzato – su altri tavoli – anche un attento lavoro per assicurare che le nuove Aree siano inserite nei Programmi regionali 2021-2027 e che dispongano di adeguate risorse.
Complessivamente al 31 luglio 2022 sono 44 le aree già approvate (candidabili alla SNAI) e 33 aree beneficiarie del finanziamento nazionale per la SNAI.
CAPITOLO SECONDO
2.1 OBIETTIVI SVILUPPO SOSTENIBILE
Il 25 settembre 2015 è stata sottoscritta da 193 Paesi delle Nazioni unite, tra cui l’Italia, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, per condividere l’impegno a garantire un presente e un futuro migliore al nostro Pianeta e alle persone che lo abitano.
L’Agenda globale definisce 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese) da raggiungere entro il 2030, articolati in 169 Target, che rappresentano una bussola per porre l’Italia e il mondo su un sentiero sostenibile. Il processo di cambiamento del modello di sviluppo viene monitorato attraverso i Goal, i Target e oltre 240 indicatori: rispetto a tali parametri, ciascun Paese viene valutato periodicamente in sede Onu e dalle opinioni pubbliche nazionali e internazionali.
L’Agenda 2030 porta con sé una grande novità: per la prima volta viene espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale, superando in questo modo definitivamente l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale e affermando una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo.
A livello nazionale lo strumento di coordinamento dell’attuazione dell’Agenda 2030 è rappresentato dalla Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS), approvata dal CIPE con Delibera n. 108/2017. Si tratta di un provvedimento che prevede un aggiornamento triennale e “che definisce il quadro di riferimento nazionale per i processi di pianificazione, programmazione e valutazione di tipo ambientale e territoriale per dare attuazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite”.
La Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile si basa su un approccio multidimensionale per superare le disuguaglianze economiche, ambientali e sociali e perseguire così uno sviluppo sostenibile, equilibrato ed inclusivo. Tale approccio implica l’utilizzo di un’ampia gamma di strumenti, comprese le politiche di bilancio e le riforme strutturali. E’ strutturata in cinque aree di intervento, corrispondenti alle “5P” dello sviluppo sostenibile. proposte dall’Agenda 2030, ciascuna delle quali contiene Scelte Strategiche e Obiettivi Strategici per l’Italia, correlati agli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e richiamano alla profonda interrelazione tra dinamiche economiche, crescita sociale e qualità ambientale, aspetti conosciuti anche come i tre pilastri dello sviluppo sostenibile.
Dal punto di vista della partecipazione della società civile e della diffusione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) rappresenta una realtà significativa. Un’organizzazione creata nel 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata”, che ha come scopo la diffusione, a livello sociale ed istituzionale, della conoscenza e della consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
L’ASviS redige annualmente un rapporto dove vengono presentate sia un’analisi dello stato di avanzamento dell’Italia rispetto all’Agenda 2030 e agli Obiettivi di Sviluppo sostenibile, sia proposte per l’elaborazione di strategie che possano assicurare lo sviluppo economico e sociale del paese.
La Strategia Nazionale per le Aree Interne si inserisce all’interno di questi obiettivi, rappresentando una politica nazionale innovativa, che mira a contrastare la marginalizzazione ed i fenomeni di declino demografico che caratterizzano le aree interne del nostro Paese. Regioni e territori stanno diventando protagonisti dello sviluppo urbano e della lotta al cambiamento climatico. La territorializzazione dell’Agenda 2030 è un elemento centrale per l’azione: senza il coinvolgimento dei territori il raggiungimento degli Obiettivi Onu rischia di non realizzarsi.
In particolare, il Goal 10 “ridurre le diseguaglianze” e il Goal 11 “Città e comunità sostenibili” rappresentano i principi guida a cui la Snai deve ispirarsi.
2.2 RIDUZIONE DELLE DISEGUAGLIANZE
Gli effetti della pandemia e l’accelerazione dell’inflazione stanno aumentando le già ampie diseguaglianze a livello nazionale, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione, in particolare le donne, i giovani, gli stranieri, le persone con disabilità e le loro famiglie. La ripresa economica non è stata sufficiente per colmare, almeno in parte, il divario socio-economico aggravato dalla crisi sanitaria. È quanto emerge dall’analisi del Rapporto ASviS 2022 sull’andamento del Goal 10 “Ridurre le disuguaglianze”.
In Italia la povertà assoluta, che colpisce un milione e 382mila bambini e un milione e 86mila giovani dai 18 ai 34 anni, è cresciuta nell’ultimo decennio, raggiungendo tra il 2020 e il 2021 i valori più elevati dal 2005. La situazione è particolarmente grave nel Sud Italia, dove nel 2021 si è registrata un’incidenza del 10%, pari a 826mila famiglie.
A seguito dell’invasione russa in Ucraina si sono registrati segnali positivi nel contrasto alla povertà dei redditi, ad esempio con l’introduzione di misure per contenere l’impatto dell’aumento dei prezzi sul potere d’acquisto delle famiglie, gli sconti sulle bollette di elettricità e gas, il taglio delle accise sui carburanti e il bonus sociale.
Nell’ambito delle politiche dell’abitare, a marzo 2022 sono state firmate 138 convenzioni del Programma innovativo per la qualità dell’abitare, che prevedono investimenti in progetti di edilizia residenziale sociale e rigenerazione urbana; inoltre, è stato aumentato il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione ed è stato istituito, presso il precedente ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, l’Osservatorio nazionale della condizione abitativa.
Il Rapporto ASviS, al fine di promuovere ulteriori azioni e riforme per ridurre le disuguaglianze, raccomanda di intervenire riducendo, ad esempio, ilcarico fiscale sui redditi da lavoro, rivedendo i requisiti del reddito di cittadinanza per tutelare i più poveri, introducendo il salario minimo e garantendo una protezione sociale equa e facilmente accessibile per le fasce più vulnerabili della popolazione, in linea con gli obiettivi espressi nel Pilastro europeo dei diritti sociali.
Tra il 2010 e il 2020 si segnala un peggioramento per l’indicatore composito europeo sul Goal 10. In particolare, si registra dapprima un andamento negativo tra il 2010 e il 2014, in corrispondenza della crisi economica, poi un trend positivo tra il 2015 e il 2019, anno in cui ritorna a un livello vicino a quello del 2010. Nel 2020 si assiste a un nuovo forte peggioramento dell’indice composito, dovuto principalmente al peggioramento dell’indice di disuguaglianza del reddito netto: nel 2020 il 20% più ricco della popolazione percepisce un reddito di oltre cinque volte maggiore a quello percepito dal 20% più povero della popolazione.
L’Italia si posiziona al penultimo posto tra i membri dell’Unione europea, a causa della bassa proporzione tra tasso di occupazione giovanile e totale, pari nel 2020 a 67,7% in confronto a una media europea di 84,8%, e a una maggiore disuguaglianza nella distribuzione del reddito. Nel 2020 in Italia, infatti, il 20% più ricco della popolazione aveva 6,1 volte un reddito maggiore rispetto al 20% più povero, contro la media europea di 5,2.
2.2 CITTÀ E COMUNITÀ SOSTENIBILI
La precarietà abitativa in Italia ha assunto ulteriore rilievo a causa dell’acuirsi della crisi sociale, dell’aumento delle disuguaglianze e dell’incremento delle famiglie in povertà assoluta, più che raddoppiate dal 2005. Sebbene i contributi istituiti per l’emergenza da Covid-19 abbiano limitato l’ampliamento delle fasce di povertà, non sono riusciti a determinare una diminuzione del disagio abitativo né di altri elementi di precarietà, come la condizione di sovraffollamento che nel 2021 riguarda il 28% della popolazione contro una media europea del 17,1%. Stanno riprendendo in modo generalizzato gli sfratti per morosità incolpevole (tra i 130 e i 150mila), mentre si registra una forte incidenza dei rincari energetici sui costi dell’abitazione. Si segnala, tra gli elementi positivi, la costituzione presso il già ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) dell’Osservatorio nazionale della condizione abitativa.
Sul tema della mobilità sostenibile, La valutazione relativa al trasporto pubblico su gomma sottolinea che i finanziamenti del Piano nazionale della mobilità sostenibile del 2018 (3,7 miliardi di euro dal 2019 al 2033) non sono stati sufficienti. I 3mila autobus a emissione zero previsti dal Pnrr entro il 2026, che corrispondono circa a quelli attualmente in circolazione, sono solo il 7,6% dell’attuale parco autobus nazionale. Tra il 2010 e il 2019 si è registrata poi una diminuzione dell’offerta del trasporto pubblico locale, soprattutto al Sud Italia dove è stata del 4,5% nei comuni capoluogo. Per colmare in parte questo divario e per far fronte alle disuguaglianze tra centro e periferia, va controllato rigorosamente il rispetto del 40% delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il meridione e vanno coordinate tra di loro le strategie per le aree interne e la montagna. Positivo l’incremento del Fondo nazionale trasporti previsto dalla Legge di bilancio 2022.
Il composito europeo del Goal 11 evidenzia un andamento positivo tra il 2010 e il 2014 e di sostanziale stabilità tra il 2015 e il 2019, mostrando però segnali positivi nell’ultimo anno. Il lieve ma complessivo miglioramento del livello del composito tra il 2010 e il 2019 è dovuto alla diminuzione dell’esposizione della popolazione alle Pm10, che tra il primo e l’ultimo anno considerato passa da 27,2 a 20,5 μg/m3. Miglioramenti si registrano anche in merito al sovraffollamento delle abitazioni, che passa dal 19,1% del 2010 al 17,1% del 2019. Invariata, nel decennio, la quota di passeggeri che utilizza l’automobile per gli spostamenti (82,8% nel 2019).
A livello italiano, l’indicatore composito del Goal 11 registra un trend altalenante tra il 2010 e il 2020 (ultimo anno disponibile a causa della mancanza di dati) dovuto alla compensazione di andamenti opposti misurati per alcuni indicatori analizzati. Infatti, mentre da un lato diminuiscono la popolazione che manifesta difficoltà di accesso ai servizi essenziali (7,2% nel 2010 e 5,5% nel 2020) e il numero massimo di superamenti del Pm10 (55 giorni nel 2010, 41 nel 2020), dall’altro aumentano l’abusivismo edilizio (12,2% nel 2010, 17,1% nel 2020), si riducono i posti-chilometri offerti dal trasporto pubblico locale (4.918 posti-chilometri per abitante nel 2010, 3.622 nel 2020) e aumentano le persone che si spostano con mezzi privati (74,2% nel 2010, 75% nel 2020).
Nel 2020, a seguito delle misure messe in campo per fronteggiare la pandemia, l’indicatore composito mostra un significativo peggioramento, causato da due fattori: la diminuzione di offerta del trasporto pubblico (-21,7% dal 2019 al 2020, aggravando una situazione particolarmente critica che aveva già portato a -3,5% i posti-chilometro per abitante tra il 2004 e il 2019); l’aumento dell’uso di mezzi privati (+0,8 punti percentuali dal 2019 al 2020).
BIBLIOGRAFIA
– Relazione annuale sulla Strategia Nazionale per le Aree Interne – 2021;
– L’Italia e gli obiettivi si sviluppo sostenibile – rapporto ASviS 2022;
– Le Aree Interne – Dott.ssa Rita Di Giacomo.
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