Pubblico è meglio
di Altero Frigerio
Un anno trascorso con il Covid-19. Entriamo nella seconda primavera in presenza della pandemia e anche quest’anno rischiamo di vedere la natura che si risveglia dal chiuso delle case. Lockdown, mutamenti negli stili di vita e nelle abitudini hanno coinvolto e sconvolto gran parte degli abitanti del pianeta, costringendo tutti a fare i conti con un nemico pericoloso e invisibile.
Solo in Italia contiamo centomila morti e un milione di nuovi poveri. E sono donne più del 90% di quanti hanno perso il lavoro negli ultimi dodici mesi.
Senza soffermarci sulle devastanti ricadute della pandemia su ospedali e scuole, bastano questi richiami per sostenere che no, non è andato tutto bene.
La pandemia non si è rivelata una drammatica avventura prima di tornare alla situazione precedente, che non si presentava davvero tutta “rose e fiori”. Non ci potrà essere un ritorno al prima, anche perché quel prima non andava per niente bene.
Per questo è importante affermare che sanità, istruzione, lavoro, le strutture necessarie per la vita e la mobilità, il risanamento del territorio e uno sviluppo compatibile con l’ambiente sono elementi fondanti di un nuovo progetto sociale ed economico senza continuità con il passato, a partire dall’occupazione di qualità, dalla sostenibilità, dalla innovazione, dalla trasformazione dei nostri tessuti sociali. Quello di cui si sente la necessità sono progetti guidati da un’idea di società più giusta e più equa, abbandonando le politiche dei tagli e del rigore, dell’assenza di investimenti pubblici e privati, segnate dalla primazia del mercato sui beni comuni (con danni evidenti sui servizi universalistici).
Le conversazioni presentate nel nostro libro affrontano tutti i nodi che la pandemia ha messo sotto gli occhi di tutti. La transizione ecologica e il green new deal possono essere declinati in modi assolutamente opposti. Proprio per questo, la centralità del pubblico, dello Stato innovatore si rendono indispensabili per elaborare un modello di produzione, consumo e welfare basati sulla giustizia sociale, sulla redistribuzione, sull’aiuto a chi è più debole.
Analoghi ragionamenti si possono avanzare sulla cultura e la promozione turistica, sull’istruzione, sul riposizionamento della nostra economia come sui temi dell’agricoltura e del made in Italy, infine sul woman new deal che deve diventare pratica quotidiana e non puro enunciato.
Un nuovo modello di ricostruzione socio-economica non si improvvisa. Non basta “rimettere in moto lo Stato”. Nuovo intervento pubblico vuol dire spendere per costruire il futuro, a partire dai settori strategici delle infrastrutture, della scuola, della ricerca, della sanità, dei servizi e della pubblica amministrazione. Scorrendo i contributi raccolti nel libro appare assolutamente fondata la nostra tesi di partenza: oggi, la salvezza e il rilancio del Paese passano senza alternative da un forte intervento dello Stato che sappia coniugare investimenti nell’innovazione e uno sviluppo più equo.
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Credits. Foto copertina di S. Hermann & F. Richter da Pixabay
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