Le vie dell’acqua di Annibale, Baudelaire e Bruce Lee
di A Pennino
“Guardo la penisola con alle spalle il Mediterraneo e gli occhi all’Europa… Mi appare allora una cultura tirrenica alla mia sinistra, una adriatica alla mia destra e il grande Appennino al centro… un’ascissa terrosa e floristica che lega l’Europa e il Mediterraneo”. Si pone cosi Raffaele Nigro per descrivere l’Italia “in verticale” in Civiltà Appennino, (Donzelli 2020) e segna una rotta che, partendo dal mare, risale l’Italia attraverso i fiumi e la sua spina dorsale. È la rotta seguita da un migrante per arrivare a Milano, del quale racconta Laura Bosio nel testo di apertura del libro Le vie dell’acqua (Donzelli 2020). Un migrante bagnato dalla dura realtà del viaggio nel mare Mediterraneo, che percorre un immaginario epico a dorso di un elefante dopo aver incontrato Annibale, “grande generale nero” come cantano gli Almamegretta.
In questa risalita faticosa per corsi d’acqua e montagne il migrante si libera della paura del mare, specchio ed anima, “che lega – scrive Baudelaire – nello svolgersi infinito della sua onda”.
Il Mediterraneo è un mare plurale nel “noi” di Laura Bosio ma anche impregnante di un Appennino che assume la condizione di una dorsale medioccidentale. A questo proposito Giuseppe Lupo in Civiltà Appennino (Donzelli 2020) scrive: “Da un punto di vista geografico, è una linea mediana che separa la nozione di Occidente e quella di Oriente/Medio Oriente, potrebbe indicare un Oriente non ancora occidentalizzato e/o un Occidente rimasto ancora un poco orientale”.
E Luna Blu, la protagonista del racconto di Carlo Grande ne Le vie dell’Acqua (Donzelli, 2020), dialoga molto con il suggestivo pensiero di Giuseppe Lupo.
Luna Blu è una ragazza cinese che dalla Cina viene in Italia; a noi piace pensare al viaggio di Marco Polo al contrario.
“Mi chiamo Lan Yue – il suo nome significa Luna Blu – arrivo da lontano. Ho sedici anni e sono piena di sogni. Non so chi sono, ma so chi non voglio essere. Vedo case, giardini, montagne. Ho amato questo luogo e l’ho scelto, perché qui vive mio padre, scalpellino che percuote la roccia. Amo queste montagne che mi sono toccate in sorte”.
Carlo Grande sembra spingere ancora di più sulla “medioccidentalizzazione” perché in fondo Luna Blu poteva essere tranquillamente la protagonista di un cartone animato della nostra infanzia che dall’Oriente è piombato anche nelle nostre case d’Appennino. Dall’Oriente all’Occidente, dall’infanzia e alla maturità, dal cartone animato al cinema con passaggio obbligato dalla grande bellezza dell’Italia unita dalla dorsale appenninica. E ancora una volta tutto accade senza soluzione di continuità.
In questo “sesto continente” l’acqua non solo lega, come scrive Baudelaire, ma “be water my friend”. E ancora da Oriente viene l’insegnamento “sii acqua, amica mia”, dice Bruce Lee riferendosi alle arte marziali. “Svuota la tua mente. Sii senza forma. Senza limiti, come l’acqua. Se metti dell’acqua in una tazza, l’acqua diverrà tazza. La metti in una bottiglia, diventa come la bottiglia. In una teiera, diventa come la teiera. L’acqua può fluire o spezzare.”
L’acqua va dove vuole, abbatte i muri, prende la forma di una canzone e di un sogno, Imagine; “…il mondo sarà come un’unica entità”
L’acqua quando si asciuga non cancella ma unisce, non somma ma amalgama, lascia qualcosa in più, di diverso e di nuovo. Se la si lascia fare non reagisce tanto. Se non la respingi non ti inonda.
Sarà l’acqua – ovviamente metafora della necessità dell’incontro – a renderci insofferenti, come ricorda Carlo Grande nel citare Pascal, nel non saper stare senza far nulla in una stanza, nel resistere a casa nostra con piacere?
Perché se il mare lega, come scrive Baudelaire, e l’acqua resiste e si adatta, dice Bruce Lee, è anche perché abbiamo bisogno di creare. È in questo bisogno che c’è l’energia dell’incontro, della relazione, della convivenza.
E quest’acqua, come il migrante di Laura Bosio, può risalire il corso dei fiumi fino agli Appennini e favorire creatività ed innovazione sociale.
“E’ soprattutto Il territorio montano – scrivono Andrea Membretti ed Elisa Ravazzoli in Riabitare l’Italia (Donzelli, 2018) – a configurarsi come medium tra i nuovi arrivati e la popolazione preesistente: nella sua manutenzione quotidiana e nella valorizzazione dei suoi elementi più fortemente identitari per la popolazione locale, gli immigrati si trovano infatti implicati in una negoziazione di significati con i residenti e con la memoria storica, scritta nei luoghi e nelle opere che li segnano”.
E in questo negoziato, non nel respingimento, il mare rende liberi: “Be water my friend”.