Progettare la lentezza per crescere. L’ossimoro necessario
di Piero Lacorazza
È molto interessante la riflessione del prof. Paolo Pileri – così come é da leggere il suo libro “Progettare la lentezza” (People 2020) – che abbiamo pubblicato ieri su queste pagine (link) .
Non è un rifiuto della modernità, un respingimento della ricerca o della innovazione. Non é la marginalizzazione delle potenzialità che tutto ciò può offrire per diffondere benessere equo e sostenibile. Ma forse dobbiamo riflettere su una certa idea della crescita che ha divorato il tempo, lo spazio e il futuro.
La pandemia ha rallentato molto la nostra vita, l’economia subisce conseguenze, l’Europa mette a disposizione delle risorse con il programma Next Generation EU. Ma davvero la lentezza può essere un investimento che aiuta l’economia a crescere? Sembra quasi un ossimoro pensare alla lentezza e alla crescita. E poi l’Italia bagnata e baciata da tanto mare: non sarà anche questo turismo di massa – anche necessario per l’economia dell’Italia – uno dei motivi per i quali, a differenza di altri Paesi europei, si porta a pensare che la lentezza sia più un freno che un acceleratore di opportunità?
È anche vero che abbiamo bisogno di portare in aree pererifiche e marginali, innanzitutto nel Mezzogiorno, infrastrutture digitali, stradali e ferroviarie, organizzare la portualità e la logistica, gli aeroporti. Noi pensiamo che tutto ciò possa aiutare anche le aree interne senza sventrarle e comprometterne la bellezza.
A volte si assiste ad un dibattito, e quindi anche investimenti consequenziali, che tende a polarizzare le scelte: dove c’e un’alta densità di popolazione grandi infrastrutture e dove ne abbiamo meno agevoliamo una piccola rete escursionistica.
La frammentazione non aiuta, il piccolo è bello colora di romanticismo e di poesia il dibattito ma non si traduce in vere opportunità. Ma che livello di sensibilità si é raggiunto? A che punto siamo?
Il 2016 è stato l’anno dei cammini, il 2017 quello dei borghi, il 2018 abbiamo celebrato il cibo italiano e dulcis in fundo il 2019 l’anno del turismo lento. Sembra esserci quindi un’interesse, una scelta, un’agenda. La politica ne parla?
Nelle parole del prof. Paolo Pileri si legge una critica al decisore politico. E tuttavia alcuni percorsi si sono avviati – penso alla ciclovia VENTO del quale egli stesso è stato promotore e tra i principali protagonisti – perché la politica si è posta in ascolto. E anche alcune idee avanzate dai ministri competenti segnano un interesse. Tuttavia ripropongo la difficoltà nel comporre e nel mediare. Anche questo è compito della politica, tra interessi e spinte contrapposte che considerano la “lentezza” un freno alla ripartenza. Ma si sente anche il bisogno di un coraggio che ci schiodi dalle consuetudini ed abbatta il potere delle pigrizia. Cosa c’è che non funziona? C’è anche un problema culturale?
Non c’è dubbio che vanno impedite speculazioni. Così come sarebbe preferibile evitare che lo spopolamento, la marginalità e la perifericità siano consolazione dello spirito e ispirazioni per versi poetici. Mi pare di capire che si propone una strategia generale, un piano nazionale che non si contrapponga ad altro ma che nemmeno soccomba ad altre scelte avendo un approccio residuale agli investimenti per rendere produttiva la lentezza.
Eravamo alla decrescita felice. La pandemia ci ha portato alla decrescita infelice. Ora siamo al rallentamento per tornare a crescere? Sembra una sfida complessa, per alcuni incomprensibile. È un messaggio che appare in antitesi al senso comune, ad un’opinione abbastanza diffusa che forse impedisce di avere la giusta lente e un mirato sguardo verso il futuro. Ma rinunciarci non è la sfida che la stessa Europa ci indica con Next Generation EU.