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L’ASviS pubblica il Rapporto 2020 “L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”

La crisi rende più difficile il cammino verso la sostenibilità. L’Italia non ha rispettato gran parte degli impegni al 2020 dell’Agenda 2030 e la crisi incide negativamente su 9 obiettivi su 17.

Peggiorano povertà, alimentazione, salute, istruzione, parità di genere, occupazione, innovazione, disuguaglianze, partnership, mentre migliorano i dati relativi all’economia circolare, la qualità dell’aria e i reati. L’ASviS indica le priorità per il Piano di ripresa e resilienza.

 Il Portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini: “Abbiamo perso 5 anni su 15 per attuare l’Agenda 2030. L’accordo del 2015 non è stato preso abbastanza seriamente dalla classe dirigente, dalla politica e dall’opinione pubblica e così l’Italia mancherà molti dei target fissati al 2020. La crisi in corso rischia di allontanarci dal sentiero verso l’Agenda 2030, ma la scelta dell’Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile consente di cambiare direzione. L’ASviS avanza numerose proposte non solo su come orientare il “Piano di ripresa e resilienza” e i fondi nazionali, ma anche su come costruire una nuova governance delle politiche pubbliche, per aumentare la loro coerenza in nome del principio di giustizia intergenerazionale”.

 Roma, 8 ottobre 2020 – Per l’Italia il percorso verso l’Agenda 2030 dell’Onu, che appariva già in salita prima della crisi, diventa ancora più difficile: nel 2020, infatti, si registrerà un peggioramento per 9 dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile. Per questo bisogna intraprendere immediatamente il cammino verso una transizione ecologica “giusta”, capace di generare nuova occupazione e sviluppo economico e sociale, utilizzando in modo coerente le risorse Ue e nazionali per rilanciare il Paese in un’ottica di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Questi sono alcuni dei messaggi chiave contenuti nel Rapporto 2020 elaborato dall’ASviS, la più grande rete di organizzazioni della società civile mai creata in Italia, e presentati oggi durante l’evento conclusivo del Festival dello sviluppo sostenibile svoltosi al Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, al quale hanno partecipato, tra gli altri, la Vicesegretaria generale dell’Onu Amina Mohammed, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il Commissario europeo agli affari economici Paolo Gentiloni.

 

Gli indicatori compositi elaborati dall’ASviS mostrano che tra il 2018 e il 2019 l’Italia è migliorata per quattro Obiettivi (povertà, condizione economica e occupazionale, economia circolare e istituzioni efficienti), è rimasta stabile per dieci (alimentazione, salute, istruzione, disuguaglianze di genere, sistemi igienico-sanitari, energia, disuguaglianze, cambiamento climatico, ecosistemi terrestri, partnership) ed è peggiorata per due (innovazione e città). I dati provvisori disponibili per il 2020 mostrano invece un arretramento per nove Obiettivi (1, 2, 3, 4, 5, 8, 9, 10, 17), un miglioramento per tre (12, 13,16), mentre per i cinque rimanenti non è stato possibile valutare l’effetto della crisi.

Anche rispetto ai 21 Target che avrebbero dovuto essere raggiunti entro il 2020 la situazione appare del tutto insoddisfacente: in dodici casi, infatti, il nostro Paese appare lontano dai valori di riferimento, dalla riduzione delle vittime di incidenti stradali al numero di giovani che non studiano e non lavorano (NEET), dalla definizione da parte delle città di piani per la gestione dei disastri naturali alla difesa della biodiversità.

Il Rapporto ASviS mostra come la pandemia stia determinando in tutto il mondo una battuta d’arresto e un arretramento nel cammino verso l’attuazione dell’Agenda 2030, firmata dai 193 Paesi dell’Onu il 25 settembre 2015, e il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs). D’altra parte, l’Unione europea ha posto l’Agenda 2030 al centro della propria azione e sta rispondendo alla crisi con un impegno senza precedenti costruito intorno al Green Deal, alla lotta alle disuguaglianze e all’innovazione.

 

“Il programma politico della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen a favore dello sviluppo sostenibile

  • sottolinea il Presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini è stato confermato e anzi rafforzato dopo la crisi scatenata dal COVID-19. La scelta di orientare il Next Generation EU alla transizione ecologica, alla transizione digitale e alla lotta alle disuguaglianze e allo stimolo della resilienza economica e sociale è unica nel panorama mondiale e va esattamente nella direzione auspicata dall’ASviS in occasione del Festival dello scorso Le Comunicazioni della Commissione sulle politiche economiche, sociali e ambientali, richiamate nel Rapporto che pubblichiamo oggi, sono tutte orientate alla sostenibilità, intesa anche come opportunità per l’Europa di assumere un forte ruolo nello scenario competitivo globale. Infatti, il Green Deal è una nuova strategia di crescita economica e sociale, con effetti positivi anche sulla creazione di posti di lavoro all’interno dell’Unione europea”.

 Per ciò che concerne l’Italia, il Rapporto ASviS analizza le novità legislative dell’ultimo anno e il fortissimo impegno finanziario per ridurre gli effetti della crisi in atto. Se la Legge di Bilancio per il 2020 era stata la più orientata allo sviluppo sostenibile degli ultimi cinque anni, gli interventi in risposta alla pandemia sono stati in gran parte diretti alla protezione del sistema socioeconomico, più che alla sua trasformazione verso la sostenibilità. Nei cinque Decreti-legge analizzati, 436 articoli (54%) sono orientati alla protezione, 158 (19%) alla promozione, 98 (12%) alla trasformazione, 73 (9%) alla preparazione, 43 (5%) alla prevenzione. In molti casi, gli interventi avrebbero potuto essere disegnati con una visione più orientata a prevenire nuovi shock e a preparare il mondo economico e sociale ad un nuovo assetto più sostenibile, sfruttando anche gli orientamenti che stanno emergendo nella parte più innovativa del mondo imprenditoriale e della finanza.

“Fin da maggio, l’ASviS aveva indicato come priorità delle politiche pubbliche la transizione ecologia e digitale, la lotta alle disuguaglianze a partire da quella di genere, la semplificazione amministrativa, l’investimento in conoscenza, la difesa e il miglioramento del capitale naturale” – precisa il Portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini. “Questa impostazione si ritrova negli orientamenti del Next Generation EU e nelle linee guida che i Paesi devono seguire nella preparazione del ‘Piano nazionale di ripresa e resilienza’, che impone una coerenza delle politiche settoriali indispensabile per conseguire uno sviluppo sostenibile, su cui i Rapporti dell’Alleanza hanno sempre insistito, avanzando proposte concrete, a partire dall’inserimento in Costituzione del principio di sviluppo sostenibile”.

Figura 1 – Classificazione degli interventi previsti dai provvedimenti legislativi legati all’emergenza COVID-19 secondo le categorie della “resilienza trasformativa”

Proprio in vista della preparazione del Piano italiano, nel Rapporto l’ASviS indica gli orientamenti per disegnare, monitorare e valutare le azioni da mettere in campo, non solo a valere sui fondi europei: la costruzione di una seria e dettagliata Strategia di sviluppo sostenibile per fornire una visione solida e coerente dell’Italia al 2030; il rafforzamento delle strutture della Presidenza del Consiglio per assicurare il coordinamento delle azioni rispetto ai diversi Obiettivi dell’Agenda 2030; il forte coinvolgimento delle Regioni, delle Province e dei Comuni nel disegno e nell’attuazione delle politiche per conseguire gli SDGs; la predisposizione di un’Agenda urbana nazionale per lo sviluppo sostenibile, con un forte ruolo di coordinamento da parte del Comitato interministeriale per le politiche urbane opportunamente riformato; l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia-Clima (PNIEC) per allinearlo agli obiettivi europei e l’approvazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici; la creazione, presso la Presidenza del Consiglio, di un Alto consiglio per le politiche di genere, per coinvolgere in modo continuativo la società nella programmazione e valutazione delle politiche contro le disuguaglianze di genere; il coinvolgimento dei Ministeri per inserire le azioni volte al raggiungimento degli SDGs nella loro programmazione operativa; l’inserimento nella Relazione illustrativa di tutte le proposte di legge di iniziativa del Governo una valutazione ex-ante dell’impatto atteso sui 17 SDGs e sui singoli Target, per assicurare la coerenza delle politiche pubbliche; la predisposizione di una Legge annuale sullo sviluppo sostenibile, per disporre di un veicolo normativo destinato a introdurre modifiche di carattere ordinamentale con un’ottica sistemica ispirata all’Agenda 2030.

 

Anche alla luce delle linee guida europee, l’ASviS 2020 invita il Governo a:

  • definire le nuove procedure che il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) – la cui partenza è prevista per il primo gennaio 2021 – adotterà per valutare i progetti d’investimento, ivi compresi quelli finanziati dalle risorse europee, adottando un “controllo di sostenibilità”;
  • creare un ente pubblico di ricerca per gli studi sul futuro e la programmazione strategica, per effettuare ricerche sulle future evoluzioni dei fenomeni sociali, ambientali ed economici e sulle loro implicazioni per il disegno e l’attuazione delle politiche pubbliche;
  • adeguare la normativa che prevede la relazione sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile nell’ambito del ciclo di bilancio, per allinearla agli SDGs utilizzati nel Semestre europeo;
  • affidare all’Ufficio Parlamentare di Bilancio il compito di effettuare valutazioni quantitative sull’impatto sugli SDGs dei principali documenti di programmazione e di bilancio, in linea con l’orientamento del Semestre europeo;
  • istituire una piattaforma di consultazione permanente della società civile per la valutazione «trasversale» dell’impatto dei provvedimenti legislativi sull’Agenda 2030;
  • proporre una revisione della struttura delle Commissioni parlamentari, resa indispensabile dalla riduzione del numero dei deputati e dei senatori, per favorire un’analisi più integrata dei provvedimenti legislativi riguardanti le diverse dimensioni dell’Agenda 2030;
  • rivedere i contenuti del D.lgs. n. 254/2016 sulla rendicontazione non finanziaria, rendendola obbligatoria per tutte le grandi imprese e progressivamente anche per le medie, mantenendo la volontarietà per le piccole.

Numerose proposte di intervento sono illustrate nell’ultimo capitolo del Rapporto secondo sette aree tematiche: crisi climatica ed energia; povertà e disuguaglianze; economia circolare, innovazione e lavoro; capitale umano, salute ed educazione; capitale naturale e qualità dell’ambiente; città, infrastrutture e capitale sociale; cooperazione internazionale.

“I prossimi mesi saranno cruciali per disegnare e impostare le politiche pubbliche del prossimo triennio” – conclude Giovannini. “La domanda di scelte pubbliche e private a favore dello sviluppo sostenibile non è mai stata così forte dato la crisi ha chiarito le profonde interazioni tra dimensioni ambientali, sociali, economiche e istituzionali del nostro mondo, cioè i quattro pilastri dell’Agenda 2030. L’Unione europea ha indicato la strada da percorrere e l’Italia può essere protagonista di questa trasformazione per coglierne gli enormi vantaggi. L’Italia del 2030 può essere molto migliore di quella che avevamo un anno fa. Per questo non si deve tornare indietro. Visione, coraggio, innovazione, persistenza e partecipazione sono indispensabili per realizzare un’Italia più sostenibile e il patrimonio di conoscenze e impegno civile delle centinaia organizzazioni aderenti all’ASviS sono a disposizione delle istituzioni nazionali e locali per fare, qui e ora, le scelte migliori possibili, “senza lasciare nessuno indietro”.

 

Figura 2 – Impatto della pandemia sulle diverse dimensioni dell’Agenda 2030

 

L’andamento dell’Italia verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile

 Attraverso l’uso di indicatori compositi, che si basano su 105 indicatori elementari prodotti dall’Istat, dal Sistema statistico nazionale o da fonti la cui validità è stata oggetto di attenta analisi, l’ASviS traccia l’andamento del Paese verso il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Nei grafici che seguono, fatto 100 il valore di riferimento al 2010, è possibile identificare le aree che migliorano, peggiorano o restano stabili fino al 2019, mentre le stime per il 2020 sono rappresentate dalle frecce nei grafici e in grassetto nelle analisi che li descrivono.

Tra il 2010 e il 2019 l’Italia migliora in otto Goal: alimentazione e agricoltura sostenibile, salute, educazione, uguaglianza di genere, sistema energetico, innovazione, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico. Per sei Obiettivi, invece, la situazione peggiora: povertà, acqua, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze, ecosistema terrestre e cooperazione internazionale, mentre per i restanti tre (condizioni delle città, ecosistema marino e pace, giustizia e istituzioni solide) la condizione appare sostanzialmente invariata. Guardando ai dati più recenti, tra il 2018 e il 2019 l’Italia mostra segni di miglioramento per quattro Obiettivi (1, 8, 12, 16) e una sostanziale stabilità per dieci Obiettivi (2, 3, 4, 5, 6, 7, 10, 13, 15 e 17). Peggiorano invece gli indicatori relativi agli Obiettivi 9 e 11.

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L’indicatore registra un netto peggioramento fino al 2016 a causa del deterioramento di tutti gli indicatori elementari analizzati, specialmente quello relativo alla povertà assoluta. Dal 2016 in poi si osserva una tendenza positiva dovuta alla diminuzione sia della grave deprivazione materiale sia delle persone che vivono in abitazioni con problemi strutturali. Nel 2019 si assiste ad una diminuzione dell’incidenza della povertà assoluta (- 0,7 punti percentuali rispetto al 2018), anche se il numero di individui poveri è ancora pari a circa 4,6 milioni, con ampie disparità generazionali (gli under 17 registrano un’incidenza di povertà assoluta dell’11,4% rispetto al 4,8% degli over 65) e di composizione familiare (la quota di famiglie povere con un figlio minore è pari al 6,5%, rispetto al 20,2% di quelle con 3 o più figli minori).

Nel 2020, si confermano gli effetti negativi della crisi in atto, nonostante l’intervento del Governo a sostegno delle imprese e dei lavoratori. Appare quindi evidente l’impatto negativo della pandemia su questo Obiettivo assolutamente centrale dell’Agenda 2030.

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Dopo il miglioramento registrato fino al 2015, nei successivi quattro anni l’indicatore composito mostra un andamento stabile, sintesi dell’incremento delle coltivazioni biologiche e della produttività del lavoro e della diminuzione del margine operativo lordo per le piccole aziende e della buona alimentazione. Quest’ultimo indicatore, che misura la quota di popolazione che consuma quotidianamente almeno quattro porzioni di frutta e/o verdura, nel 2019 registra il peggior valore di tutta la serie storica (17,7%, rispetto al 20% del 2010).

Secondo l’Istat, nei primi due trimestri del 2020 l’agricoltura ha registrato diminuzioni del valore aggiunto rispetto al trimestre precedente pari all’1,9% e al 3,7%. Parallelamente, la riduzione delle unità di lavoro è stata pari all’1,8% e al 3%, mentre la contrazione dei redditi da lavoro dipendente è stata pari allo 0,2% e allo 0,7%. In base a queste informazioni, gli effetti negativi della crisi sul settore agricolo e il peggioramento della qualità della alimentazione rendono probabile un effetto complessivo negativo della pandemia su questo Obiettivo.

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L’indicatore composito evidenzia dal 2010 al 2019 un andamento positivo grazie al miglioramento della maggior parte degli indicatori elementari analizzati. Diminuiscono i feriti per incidente stradale, da 51,5 per 10mila abitanti nel 2010 a 40,0 nel 2019, si riducono i comportamenti a rischio quali il consumo di alcol e il fumo, aumenta la speranza di vita in buona salute alla nascita (58,6 anni). Appaiono in controtendenza la copertura vaccinale per le persone di 65 anni e oltre (54,6% nel 2019) e i posti letto per 10mila abitanti, che diminuiscono di oltre il 14% nell’arco di tempo considerato.

A causa della pandemia, dal 20 febbraio al 31 marzo 2020 si è osservato a livello medio nazionale un drammatico aumento dei decessi per il complesso delle cause (90.946) rispetto alla media del periodo 2015-2019 (65.592), che corrisponde ad una variazione del 49%. Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia. Nel mese di maggio, grazie alle misure di prevenzione, si osserva invece una riduzione della mortalità pari al 2,2%. Secondo l’ultima analisi dell’Istat, sono 1 milione482 mila le persone (il 2,5% della popolazione residente in famiglia) con IgG positivo, che hanno sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2. Anche in questo caso le differenze territoriali sono molto accentuate: la Lombardia raggiunge il massimo con il 7,5% di sieroprevalenza, un valore sette volte più alto di quello rilevato nelle regioni a più bassa diffusione del virus, in gran parte collocate nel Mezzogiorno. Questi dati confermano l’impatto negativo della crisi in atto su questo Goal.

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L’indicatore composito migliora sensibilmente fino al 2014. Successivamente, però, la tendenza positiva si arresta e poi si inverte a causa della diminuzione della partecipazione culturale, delle competenze di base in lettura e di un più basso tasso di partecipazione alle attività educative dei bambini di cinque anni (-4,1 punti percentuali in 8 anni). Nonostante i miglioramenti registrati, l’Italia si trova ancora in una posizione di grave ritardo rispetto alla media europea per tutti gli indicatori analizzati, differenza che risulta particolarmente ampia per il tasso di istruzione terziaria, pari a 27,6% nel 2019 rispetto al 41,6% medio europeo.

Durante i mesi del lockdown, l’Istat stima che circa tre milioni di studenti di età compresa tra i6 e i 17 anni hanno avuto difficoltà a seguire le lezioni nella modalità didattica a distanza, soprattutto per carenza o inadeguatezza dei dispositivi informatici in famiglia. Tale situazione è particolarmente accentuata nel Sud, dove interessa circa il 20% dei minori. Si tratta di un fenomeno particolarmente grave dato che la crisi aumenta la probabilità di abbandono scolastico, soprattutto nelle fasce più vulnerabili della popolazione. Questi fattori, uniti al presumibile calo dei lavoratori impegnati in attività di istruzione/formazione, confermano l’impatto negativo su questo Goal.

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L’indicatore composito mostra un andamento fortemente crescente fino al 2015. Dopo la lieve flessione avvenuta nel 2016, l’indicatore torna a migliorare, ma con una tendenza molto meno decisa. A sostenere il buon andamento dell’indicatore composito sono gli aumenti della percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e negli organi decisionali, e del rapporto di femminilizzazione del tasso di occupazione. Gli unici indicatori in controtendenza sono quelli relativi al rapporto di femminilizzazione del tasso di immatricolati in corsi universitari scientifici e tecnici (che evidenziano come le donne scelgano sempre di meno i corsi universitari scientifici) e il tasso di part- time involontario, significativamente cresciuto proprio per le donne.

Per quanto riguarda il 2020, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, il tasso di occupazione femminile nel secondo trimestre 2020 è diminuito di 2,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2019, contro i -1,6 punti percentuali degli uomini, evidenziando come la crisi stia svantaggiando le donne nel mondo del lavoro. Sulla base delle informazioni disponibili, si ritiene che nel 2020 la crisi peggiorerà le disuguaglianze di genere.

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Tra il 2010 e il 2014 l’indicatore composito mostra un andamento altalenante, con un peggioramento dal 2015 al 2017 e una successiva stabilizzazione. Il peggioramento è dovuto alla crescita dell’indice di sfruttamento idrico (che rapporta i prelievi idrici per tutti gli usi rispetto alle risorse idriche disponibili), più che raddoppiato in sette anni (dal 6,7% nel 2010 al 15,7% nel 2017). L’incremento dell’indice di sfruttamento idrico è influenzato dall’incidenza dei periodi di particolare siccità, che causano contestualmente l’incremento dei prelievi in alcuni settori (ad esempio, per l’irrigazione) e la ridotta disponibilità nei corpi idrici. Questa tendenza, unita alla bassa efficienza del sistema idrico nazionale, mette in grave pericolo la sostenibilità idrica del nostro Paese soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno.

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L’indicatore composito mostra un andamento complessivamente positivo tra il 2010 e il 2019, grazie ai miglioramenti della quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e del rapporto tra i consumi finali lordi di energia e il valore aggiunto. Negli ultimi tre anni, l’indice segnala un andamento pressoché stabile causato dalla mancata crescita della quota di energia da fonti rinnovabili. Ciononostante, l’Italia dovrebbe superare il target posto dalla Strategia Europa 2020 relativo all’energia da fonti rinnovabili, che nel 2019 si attesta al 18,1%, rispetto al target del 17%. Nel 2020, secondo le previsioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, per i Paesi che hanno subìto una forte riduzione delle attività economiche, come l’Italia, si stima un forte calo dei consumi energetici e un incremento della quota di energie da fonti rinnovabili, unico settore energetico che non è stato intaccato dalla crisi in atto. D’altro canto, la drastica riduzione del PIL porterà ad un deterioramento del rapporto tra i consumi finali lordi di energia rispetto al valore aggiunto.

Si conferma quanto indicato nel Rapporto di maggio circa la non valutabilità complessiva degli effetti della crisi su questo Goal per il 2020.

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Negli ultimi dieci anni, l’indicatore composito è stato fortemente influenzato dal ciclo economico. Di conseguenza, peggiora fino al 2014 per l’andamento sfavorevole degli investimenti fissi lordi rispetto al PIL e dell’aumento della quota di part-time involontari e di quella dei giovani NEET (la più alta dei Paesi UE). Nel successivo quinquennio si registra un lento recupero, trainato dal miglioramento di tutte le variabili analizzate, tra cui l’aumento dell’occupazione e del reddito disponibile. L’unico indicatore che appare in controtendenza è la quota di part- time involontario sul totale dell’occupazione, che cresce per tutto il periodo osservato (dal 7,3% del 2010 al 12,2% del 2019). Nel 2019 l’Italia evidenzia poi un tasso di occupazione pari al 63,5%, ancora molto distante dal target della Strategia Europa 2020 (67%). A causa della crisi sanitaria, nel secondo trimestre del 2020 si assiste ad una drammatica diminuzione, rispetto allo stesso trimestre del 2019, del PIL (-17,7%), del reddito disponibile, delle ore lavorate (-20%) e dell’occupazione (-1,9 punti percentuali). Le ore lavorate sono diminuite del 13,1% nel secondo trimestre rispetto al trimestre precedente e la diminuzione delle unità di lavoro si attesta a -11,8%. Si registra, invece, un aumento dell’1,5% rispetto al trimestre precedente per i redditi da lavoro dipendente pro-capite (+2% rispetto al secondo trimestre del 2019), conseguente all’aumento dell’1,4% nei servizi, del 2,4% nell’industria in senso stretto e del 6,5% nelle costruzioni. L’agricoltura presenta invece un calo dello 0,7%.

Secondo le previsioni della Commissione europea, in assenza di una seconda ondata di contagi e di ulteriori misure di contenimento come quelle attuate nei mesi di marzo e aprile, l’attività economica dovrebbe riprendersi nel terzo trimestre del 2020. L’industria beneficerà di una ripresa più rapida rispetto ad altri settori, quali servizi e turismo. Sul piano occupazionale, sono giovani e donne le categorie più colpite, non solo per la generalizzata precarietà dei contratti in essere, ma anche per la concentrazione di occupati di queste due fasce in alcuni dei settori più colpiti dalla pandemia, come la ristorazione/accoglienza e il commercio al dettaglio.

In conclusione, la crisi impatterà molto negativamente su questo Goal, uno dei più colpiti nel 2020, anche nel medio termine.

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Tra il 2010 e il 2019 migliora significativamente la maggior parte degli indicatori elementari. In particolar modo, aumentano gli indicatori relativi alla diffusione della banda larga tra le famiglie, al tasso di ricercatori per 10mila abitanti e alla specializzazione produttiva nei settori ad alta tecnologia. Cresce anche la quota del PIL destinata alla Ricerca e Sviluppo, attestatasi nel 2019 all’1,37%, valore ancora distante sia dal target fissato dalla Strategia Europa 2020 (pari al 3%) sia dalla media europea (2,12%). Nel 2019, però, si osserva un’inversione di tendenza dell’indice composito, dovuta soprattutto alla forte riduzione della quota di occupati e studenti che utilizzano i mezzi pubblici per spostarsi (18%, il valore più basso di tutta la serie storica).

Nel 2020 si assiste ad un peggioramento dell’intensità di emissioni di COrispetto al valore aggiunto. Pur nella scarsità di dati per l’anno in corso, si ritiene di poter confermare l’impatto negativo della crisi su questo Goal.

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Nel triennio 2012-2015 l’indicatore composito evidenzia una tendenza negativa causata sia dal peggioramento dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile (che nel 2015 raggiunge il valore massimo osservato nella serie storica) sia dall’aumento della differenza tra il tasso di occupazione giovanile e quello totale. Negli ultimi quattro anni, l’indice composito risulta stabile come conseguenza della compensazione tra il peggioramento della quota di permessi di soggiorno emessi sul totale dei cittadini non comunitari residenti e il miglioramento dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile.

Nel 2020 la crisi sta ampliando le diseguaglianze sociali: durante il lockdown, i lavoratori nei settori “bloccati” mostrano livelli medi dei salari decisamente inferiori rispetto agli occupati nei settori “essenziali”, una differenza spiegata dall’instabilità e l’inattività lavorativa nei primi. Inoltre, segnali di crescita delle disuguaglianze vengono evidenziati dal calo nel secondo trimestre 2020 del tasso di occupazione giovanile tra i 15 e i 34 anni (-3,2 punti percentuali) e di quello degli stranieri (-5,5 punti percentuali) rispetto al totale pari a -1,9. Anche secondo Prometeia, la crisi colpisce in modo asimmetrico i diversi settori economici, i vari gruppi sociali e i diversi territori, aumentando le diseguaglianze. Di conseguenza, la crisi determinerà nel 2020 un forte aumento delle disuguaglianze, con un effetto molto negativo, presumibilmente anche nel medio periodo, su questo Goal.

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L’indicatore composito mostra una flessione nel 2015 a causa dell’incremento dell’inquinamento da PM10, che però nel triennio successivo diminuisce sensibilmente, portando il composito a migliorare fino al 2018, anno nel quale per la prima volta l’Italia rispetta il target europeo di numero di giorni in cui si registra un superamento dei limiti di PM10 (31,4 giorni rispetto a un obiettivo di 35). Si sottolinea però che nell’arco di tempo considerato l’offerta del trasporto pubblico è diminuita dell’8,7%. Nel 2019 la flessione dell’indice composito è spiegata dall’aumento dell’abusivismo edilizio (+5,5% dal 2010 al 2019), dal sovraffollamento delle abitazioni (+18,6%) e dall’aumento dell’utilizzo dei mezzi privati per recarsi sul posto di lavoro.

Nel 2020, come conseguenza della riduzione degli spostamenti, è aumentata considerevolmente la qualità dell’aria nelle città, ma l’emergenza sanitaria ha diminuito l’utilizzo dei mezzi pubblici. Questi due fenomeni contrastanti confermano le difficoltà nel valutare quale sarà la direzione presa dall’indicatore relativo a questo Goal nel 2020.

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Per questo Obiettivo l’indicatore composito aumenta significativamente tra il 2010 e il 2019 grazie al miglioramento di tutti gli indicatori elementari. In particolar modo, si osservano progressi importanti per l’indice di circolarità della materia e la percentuale di riciclo dei rifiuti, che con un valore di 49,8% si avvicina al target europeo per il 2020 (50%). Oltre a ciò, è in costante diminuzione il consumo materiale interno per unità di PIL (-27,5% rispetto al 2010).

Nel 2020, a causa della grave diminuzione del PIL, si assiste a un decremento della produzione di rifiuti urbani, il che determinerà, con tutta probabilità, un miglioramento dell’indicatore riferito a questo Goal.

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L’indicatore composito mostra una flessione nel 2015 a causa dell’incremento dell’inquinamento da PM10, che però nel triennio successivo diminuisce sensibilmente, portando il composito a migliorare fino al 2018, anno nel quale per la prima volta l’Italia rispetta il target europeo di numero di giorni in cui si registra un superamento dei limiti di PM10 (31,4 giorni rispetto a un obiettivo di 35). Si sottolinea però che nell’arco di tempo considerato l’offerta del trasporto pubblico è diminuita dell’8,7%. Nel 2019 la flessione dell’indice composito è spiegata dall’aumento dell’abusivismo edilizio (+5,5% dal 2010 al 2019), dal sovraffollamento delle abitazioni (+18,6%) e dall’aumento dell’utilizzo dei mezzi privati per recarsi sul posto di lavoro.

Nel 2020, come conseguenza della riduzione degli spostamenti, è aumentata considerevolmente la qualità dell’aria nelle città, ma l’emergenza sanitaria ha diminuito l’utilizzo dei mezzi pubblici. Questi due fenomeni contrastanti confermano le difficoltà nel valutare quale sarà la direzione presa dall’indicatore relativo a questo Goal nel 2020.

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Nel corso dell’ultimo decennio l’indice composito mostra un andamento altalenante: migliora fino al 2015, grazie alla crescita significativa dell’indicatore relativo alle aree marine protette, per poi peggiorare sensibilmente negli ultimi tre anni, a causa dell’aumento dell’attività di pesca e del sovrasfruttamento degli stock ittici (90,7% rispetto ad una media europea del 38,2%). A determinare tale situazione contribuiscono da un lato la diminuzione dello sforzo di pesca (calcolato come il prodotto tra il tonnellaggio delle barche e i giorni di pesca, che cala del 36% circa rispetto al 2010), dall’altro l’aumento del catturato per unità di sforzo (che aumenta di oltre il 25% rispetto al 2010).

Non si osserva quindi un complessivo recupero delle risorse sfruttate.

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L’indice composito è caratterizzato da una tendenza negativa per tutto il decennio, causata dal netto peggioramento degli indicatori elementari relativi alla frammentazione del territorio e alla copertura del suolo. Entrambi questi indicatori raggiungono i valori peggiori nel 2019 (rispettivamente 7,1% e 35,4%) e testimoniano il processo di riduzione della continuità di ecosistemi, habitat e unità di paesaggio a seguito di fenomeni come l’espansione urbana e lo sviluppo della rete infrastrutturale.

 

 

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L’indice composito registra una tendenza negativa fino al 2013, per poi invertire andamento grazie al complessivo miglioramento degli indicatori relativi alla criminalità, sia di quella predatoria (rapine, furti e borseggi) sia degli omicidi. Nel decennio considerato mostrano andamenti favorevoli anche gli indicatori relativi all’efficienza del sistema giuridico e la fiducia nelle istituzioni. Da segnalare, però, il preoccupante incremento delle frodi informatiche, che aumentano del 92% dal 2010 al 2018, e la diminuzione della partecipazione sociale (-4,2 punti percentuali dal 2010 al 2019).

Secondo i dati del Ministero dell’Interno relativi al periodo 1° marzo – 10 maggio 2020, si assiste ad una riduzione del 61% del totale dei reati commessi rispetto allo stesso periodo del 2019. In particolare, le rapine diminuiscono del 63%, i furti in abitazione del 76% e gli omicidi del 56%. Nonostante queste informazioni siano relative al periodo dove sono state implementate le restrizioni più dure, si ritiene di poter confermare l’effetto positivo della crisi sul Goal 16 con riferimento al 2020.

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L’indicatore composito peggiora fino al 2015 a causa dell’aumento del debito pubblico e della diminuzione delle importazioni dai Paesi in via di sviluppo. Nel 2019 la quota dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) sul reddito nazionale lordo si attesta allo 0,24% del RNL, livello ancora molto lontano dall’obiettivo internazionale (0,7%).

Nel 2020 si assisterà ad un aumento straordinario del rapporto tra debito pubblico e PIL, che secondo l’Eurostat, alla fine del primo quadrimestre, era già pari al 137,6%. I nuovi indicatori utilizzati in questo Goal, che integrano l’APS (il solo utilizzato fino allo scorso anno), determinano il cambiamento del giudizio espresso a maggio sugli effetti della crisi su questo Goal, che ora riteniamo decisamente negativi.

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Fonte: @ASviSItalia – Responsabile Comunicazione ASviS comunicazione@asvis.it

 

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